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Una frase di Don Milani ha sempre accompagnato la mia vita, risuonando dentro l’ animo come un’esortazione all’impegno attivo, che spesso richiede coraggio e, forse, un pizzico di saggia follia. Soprattutto quando si tratta di un impegno che fin dall’inizio si preannuncia gravoso, anche in termini personali, ricolmo di rischi e di insidie. Soprattutto quando lo si reputa doveroso. Questa frase di Don Milani è in verità una domanda, una domanda semplice e difficile allo stesso tempo, perché obbliga ad una sola risposta. Chiedeva Don Milani: “Che senso ha avere le mani pulite e tenerle in tasca?”. Qualche settimana fa, ho cominciato ad interrogarmi anche io, dopo il pantano delle primarie del centrosinistra e di fronte alla pressione affettuosa rivoltami da associazioni e movimenti, semplici cittadini e semplici cittadine. Così ho risposto nell’unico modo possibile: non serve a niente che io abbia le mani pulite se poi le nascondo nelle mie tasche. Non serve a niente che sostenga la necessità di una primavera etico-politica per il Paese se poi non mi impegno in prima persona, se non lo faccio per la città che mi ha visto crescere e che ho amato profondamente e, soprattutto, che amo ancora oggi. Così alla fine ho superato le fisiologiche titubanze e ho rotto gli indugi, scegliendo di candidarmi sindaco a Napoli, sapendo quanto la sfida anti-sistema sia ardua. Esiste infatti un partito trasversale in Campania: quello del non cambiamento, quello della conservazione dello status quo, quello dell’opposizione verso una pacifica rivoluzione etico-politica. La stessa rivoluzione che la cittadinanza richiede e che stiamo cercando di attuare nella corsa a palazzo S.Giacomo. Utilizzo il plurale perché sono convinto che Napoli è dei suoi abitanti e loro debbano riprendersela, sottraendola ai clan, ai comitati d’affari, ai potentati politici, al furto delle sue risorse e dei suoi beni comuni da parte di questi soggetti. Per questo lo slogan scelto per la campagna elettorale è stato “Napoli è tua”. Senza i cittadini di Napoli questa rivoluzione, di cui mi sento semplice strumento, non è possibile. E’ stata, la mia, una scelta di amore e passione, di sentimento, di rabbia e di rispetto per una città che avrebbe tante definizioni ma che per me ne ha una sola: è la MIA città. E’ la NOSTRA. Adesso però dobbiamo riprendercela.

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