Scene da colpi di coda di una Seconda Repubblica. Parlamentari di Pdl, Lega, Terzo polo, e di buona parte del Pd, hanno giocato al peggior esercizio consociativo nel nominare (e non eleggere, perché il merito non è stato preso minimamente in considerazione) i componenti delle authority sulla comunicazione e sulla privacy.
Durante la rassegna stampa mattutina di Radio tre un ascoltatore commentava: «Ieri la classe politica ha posto un altro miglio di distanza tra se stessa e i cittadini. C’è una crisi spaventosa: abbandono scolastico, disoccupazione e i partiti si baloccano con queste questioni». Per non parlare del voto contrario del Senato all’autorizzazione a procedere all’arresto di De Gregorio.
Si sa, la casta si autoconserva. Ma stupisce l’autolesionismo di parte di quella che dovrebbe essere la sinistra parlamentare su un argomento in Italia così delicato come le telecomunicazioni. Perfino in un clima come quello attuale, dove la sfiducia verso la politica e i partiti da parte della società civile ha raggiunto un tale apice, la politica e i partiti hanno perseverato nell’errore. Ma si sa, “la storia insegna ma non ha scolari” (Gramsci).
L’AgCom avrà una maggioranza di centrodestra per i prossimi sette anni. Schiacciata a destra fra modesti burocrati e guardiani degli interessi “del monopolista” per eccellenza. Che si tratti di frequenza televisive, della rete di comunicazione telefonica o di internet, in questi anni abbiamo assistito alla svendita a buon mercato di un patrimonio pubblico preziosissimo. Per le frequenze televisive abbiamo assistito, non senza l’accondiscendenza del principale partito di sinistra, all’elaborazione di un finto mercato, viziato finanche nella finzione, al solo fine di favorire “il monopolista”. Per la rete telefonica abbiamo assistito allo smembramento della rete per un mercato non così competitivo come si auspicava. Proprio sulle comunicazioni si sono abbattute le cattive gestione aziendali coltivate con proficue cessioni di rami di azienda che hanno generato solo precariato e mobilità per i lavoratori.
Quello che era, e sarebbe ancora, un comparto fortunato adesso è annoverabile fra i disgraziati. Ma sembra che in pochi lo abbiano capito all’interno del parlamento. Un ceto politico che si autoconserva per scommettere sull’immobilismo. Mentre dalla rete arrivavano pressanti segnali chiari: valutate i curricula, ci sono persone competenti che oltre a salvaguardare il mercato e i lavoratori sanno come coniugare libertà digitali, sicurezza e progresso. Non una battaglia ideologica, erano infatti giunti nomi di persone che hanno lavorato in importanti aziende di Confindustria come nelle esperienze di sinistra. Nomi tutti validi che avrebbero dato a un comparto di primaria importanza dignità di controllo. Tutto lavoro sprecato, tutta partecipazione buttata al macero.
Peccato. Una preziosa occasione è stata sprecata.