Lo sciopero di otto ore che la Fiom ha indetto rappresenta una battaglia preziosa per tutte le lavoratrici e per tutti i lavoratori, per le cittadine e per i cittadini: perchè se la democrazia, la Costituzione e i diritti vengono cancellati nei luoghi di lavoro, di conseguenza scompaiono anche nel resto del Paese, nella società e nella vita di ciascuna e ciascuno di noi.
Mai andrebbe dimenticato, infatti, che il fondamento della nostra Repubblica è la Costituzione e la Costituzione stabilisce con chiarezza, al suo articolo 1, che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. E con lavoro si intende un’occupazione stabile, articolata secondo diritti e doveri, capace di garantire l’essere umano tanto dal punto di vista economico quanto della propria realizzazione personale.
Prima con il governo Berlusconi ed oggi con il governo tecnocratico di Monti, che rappresenta la sospensione di una risposta politica alla crisi economico-istituzionale in atto, è stato portato avanti un sistematico attacco volto a scardinare i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Esempio massimo di questo attacco è rappresentato dal (sub)modello imposto dalla Fiat, per altro con l’avallo dei governi e con la felicitazione massima di Federmeccanica e Confindustria.Essendo sindaco di Napoli, penso in particolare alla vicenda dello stabilimento di Pomigliano d’Arco: palestra e laboratorio per esportare la negazione dei diritti e della democrazia sul lavoro in tutto il Paese e in tutti gli stabilimenti.
Un contagio anti-costituzionale che aspira ad infettare tutto il mondo dell’occupazione e che è arrivato a raggiungere, per esempio e sempre nel caso di Pomigliano, una vera e propria forma di discriminazione illegittima, per cui lavoratrici e lavoratori iscritti alla Fiom non vengono riassunti, mentre nel resto degli stabilimenti questo sindacato, che non si è piegato a sottoscrivere un accordo lesivo dei diritti, viene posto fuori dalle fabbriche e costretto alla marginalità.
E’ dunque necessario, soprattutto adesso che si paventa una preoccupante riforma del mercato del lavoro perseguita utilizzando l’alibi della crisi, difendere quel patrimonio di diritti frutto di una storia nobile e coraggiosa: la storia del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori che ha segnato il ‘900.
Dunque difesa del Contratto collettivo nazionale e dello Statuto, in testa l’art. 18 che strumentalmente il governo e le imprese vorrebbero svuotare di forza indicandolo, maliziosamente, come causa degli scarsi investimenti, anche esteri, che si registrano in Italia e come vincolo allo sviluppo industriale. Dunque opposizione all’estensione del (sub)modello Fiat, che riconosce il diritto di rappresentanza e di presenza sui luoghi di lavoro solo al sindacato firmatario degli accordi; che nega il referendum o lo piega al ricatto fra disoccupazione e schiavitù; che contrae diritto di sciopero e di malattia.E poi, su tutto, difesa del lavoro stabile contro la precarietà che inghiotte le esistenze giovanili, impedendo loro la possibilità di progettare, dunque comprimendo il diritto stesso alla felicità e al futuro.
In piazza, quindi, con la Fiom, per ricordare alle istituzioni e al governo che non esiste primato del mercato e della finanza, della Bce e dei tecnocrati, perchè l’unico primato spetta all’essere umano.