Le decisioni della magistratura si rispettano sempre. Quindi anche nel caso di Marcello Dell’Utri. Aspetto comunque di conoscere le motivazioni con le quali la Cassazione, giudice di legittimità, ha annullato la sentenza della Corte d’Appello di Palermo che lo condannava a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Aldilà del corso giudiziario, che pure reputo fondamentale, resta la verità storica e politica: Dell’Utri ha intrattenuto rapporti provati e documentati, per altro anche in diverse sentenze, con esponenti di spicco di cosa nostra, di fatto definendosi come la “testa di ponte” dei loro interessi nella Milano della finanza e dell’economia degli anni ’80 e ’90.
Lo ha fatto parallelamente al suo impegno politico e mi riferisco alla nascita di Forza Italia. Quando penso ai rapporti opachi di Dell’Utri non penso solo allo stalliere mafioso Vittorio Mangano, che pure risiedeva nella villa di Berlusconi, penso anche ai contatti con quella pletora di personaggi vicini alle famiglie mafiose del calibro dei Graviano e dei Bontade.
Soprattutto alla luce del bagno di sangue degli anni ’90, della morte di Falcone e Borsellino, della ormai ammessa trattativa Stato-mafia, credo che il Paese meriti di sapere cosa accadde in quella fosca stagione, chi ne fu protagonista anche nelle istituzioni deviate, cosa spinse a cercare un’intesa con cosa nostra e chi pagò il prezzo, come Borsellino, per averla osteggiata. Sapere è importante.
Perchè il Paese possa costruirsi un futuro realmente democratico, perchè le vittime possano avere giustizia, perchè si possa assistere alla fine della dittatura delle mafie, che condizionano ancora oggi, pesantemente, l’Italia.