Voglio ringraziare tutti i cittadini campani, e non solo, per la forte assunzione di responsabilità collettiva che dimostrano su di un tema centrale per l’Amministrazione che presiedo: il tema della difesa dell’ambiente.
Grazie. Siete uno sprone per la nostra azione, per l’azione della politica e del Comune di Napoli. Lo avete fatto sabato 26 ottobre. Lo farete il 16 novembre per dire stop al biocidio, al dramma della Terra dei Fuochi; per fermare i roghi tossici ed esigere controllo del territorio, per chiedere subito bonifiche e per pretendere che le istituzioni realizzino un ciclo di rifiuti ecocompatibile, che metta la nostra salute al centro.Un sistema senza discariche e inceneritori, perché la Terra dei fuochi ha già pagato un prezzo ambientale elevatissimo.
In piazza per chiedere che il modello della differenziata, del porta al porta, del rifiuti zero, che stiamo realizzando a Napoli, fra difficoltà e mancato arrivo dei fondi, sia il paradigma per tutta la Campania. Bisogna investire, oggi, sull’ambiente per risparmiare, domani, sui danni alla salute.Chi ha subìto un crimine ambientale, a causa delle ecomafie e della connivenza della politica corrotta, deve essere risarcito; da chi ha rovinato la nostra terra, secondo il principio “chi inquina paga”. Per questo, dobbiamo pretendere subito l’istituzione di un registro per le malattie epidemiologiche e tumorali, per difendere la nostra salute; per questo, chi ha patito esige di essere indennizzato da chi ha cercato di portarci via la vita e la nostra dignità.
Vogliamo che lo Stato bonifichi le terre avvelenate e delimiti subito le aree che non possono essere più adibite a uso agricolo. La Campania deve offrire l’agricoltura più certificata d’Italia, favorendo la tracciabilità dei prodotti, per mettere in sicurezza la salute dei cittadini ed un settore primario che è fra le eccellenze assolute del paese, nonostante lo sversamento illecito dei rifiuti subìto da certe aree della nostra Regione, assolutamente minoritarie. Su questi temi, ora come non mai, vedo un popolo consapevole, unito e pieno di dignità. Che vuole liberarsi dalle mafie e dal giogo di chi ha speculato sulla nostra pelle: colletti bianchi, imprenditori senza scrupoli, politica corrotta. Il nostro è un popolo libero. Un popolo che scende in piazza e fa sentire la sua voce. Sabato 26 ottobre, Napoli era piena di donne e uomini liberi, scesi in piazza a manifestare per l’ambiente: contro il degrado dell’Agro aversano, dove bruciano i roghi tossici della camorra e contro il turbocapitalismo che, con la complicità dei poteri criminali e delle massomafie, ha intombato i rifiuti di mezza Italia nel ventre della Campania Felix. In strada, c’era libertà, orgoglio, idee, proposte. Non solo indignazione. Perché, a volte, indignarsi non basta. Ho seguito con emozione questo movimento di popolo, da San Francisco, dove mi trovavo per una visita istituzionale che aveva al centro della sua agenda anche il Protocollo Rifiuti Zero. Accordo che abbiamo fortemente voluto affinché Napoli eccella nella gestione ecosostenibile del ciclo dei rifiuti. Perché “la monnezza”, dopo essere stata il nostro stigma, è il nostro riscatto.Ho seguito con emozione il popolo in strada perché questa manifestazione di proposta, non di protesta, segna il prepotente nuovo irrompere dell’azione collettiva nelle nostre vite.
Dopo gli anni del reflusso berlusconiano. Troppe volte, abbiamo visto cittadini ripiegare intimisticamente su se stessi, rinunciare alla mobilitazione, atomizzarsi, dividersi. Troppe volte, questo paese ha rinunciato a indignarsi. Non qui, non a Napoli, non in Campania. A Napoli, i motivi per combattere non mancano mai: mi ricordo Terzigno, Chiaiano, quella dolente geografia del dolore e dell’indignazione, nei giorni tragici dell’emergenza rifiuti della Campania. Da noi, l’ambiente è sempre stata azione collettiva, destino comune, occasione per il riscatto, per la libertà. I movimenti plurali che hanno dato forma a questa ondata di attivismo stanno realizzando, ora, un salto qualitativo: un miracolo. Stanno saldando a sé tutta l’Italia. Stanno ricostruendo una narrazione comune per il nostro Paese, dopo gli anni degli egoismi delle piccole patrie, del leghismo. I movimenti, nelle loro differenze e nella loro autonomia, tutti chiedono che sia l’Italia a farsi carico della questione ambientale in Campania; perché tutti paghiamo le conseguenze dell’avvelenamento del territorio. Il biocidio non è un problema dei napoletani, ma l’innesco di azioni collettive, a difesa dei beni comuni ambiente e salute, in cui tutta l’Italia si riconosce. Mi emoziono a vedere i volti di un paese che resiste per esistere. Le istituzioni sono affianco del popolo che lotta, pacificamente, in nome dei valori di giustizia della nostra Costituzione.