Oggi 17 novembre è stata la giornata mondiale dedicata al diritto allo studio. La giornata mondiale che ha visto gli studenti protagonisti della battaglia a difesa dell’istruzione (pubblica) e della conoscenza (accessibile), come beni comuni che non appartengono a nessuno, perchè appartengono a tutti, e che dunque a tutti devono essere garantiti.
Quest’anno il 17 novembre è caduto in un momento economicamente drammatico e politicamente preoccupante. In Italia, in particolare, abbiamo assistito al crollo del governo Berlusconi per mano del sistema bancario e finanziario internazionale: fattore, quest’ultimo, che rende la felicità per la fine del “regime” annacquata dal timore, legittimo, che il presente e il futuro siano tutt’altro che rosei. Un’epoca nefasta si chiude non per mano della politica, ma per quella del mercato e della finanza (Bce, Fmi, Goldaman sachs etc).
L’esecutivo tecnico, chiamato a rispondere a questo passaggio, sancisce la delegittimazione della politica e la vittoria di alcuni soggetti forti (Cda della finanza e delle banche, vertici delle gerarchie vaticane).
Non rassicura dunque per nulla. Per lo meno non rassicura quanti hanno sempre criticato il piano di risposta alla crisi del precedente governo (il taglio agli enti locali, l’aggressione al welfare e ai diritti del lavoro e della scuola, la privatizzazione dei beni comuni); quanti credono che un governo vada legittimato democraticamente per mezzo del voto dei cittadini; quanti sostengono che alla crisi economica e istituzionale si debba rispondere “politicamente” e non “finanziariamente”, con scelte politiche chiare a difesa dei beni comuni e non con la “tecnocrazia” opaca a difesa dei pochi; quanti aspirano a veder realizzato un piano di sviluppo e crescita del Sud, condizione necessaria per sviluppo e crescita del paese intero.
Con le loro manifestazioni gli studenti ci hanno ricordato tutto questo, la necessità di lavorare ad un’alternativa politica dal basso. Un’alternativa rispetto al berlusconismo ma anche al governo della finanza e dei tecnocrati, d’Europa e di casa nostra. Ascoltiamo dunque gli studenti. Sono loro, oggi, i nostri maestri.