L’elezione a Presidente degli Stati Uniti d’America nell’ottobre 2009 di Barack Obama è avvenuta soprattutto nel segno della speranza. “Speranza” in inglese “hope”, è la parola che maggiormente descrive l’ascesa del primo presidente di colore americano, dopo otto anni di oscurantismo della passata amministrazione Bush. Barack Obama è arrivato alla Casa Bianca spinto da un’ondata di cittadini americani, soprattutto giovani, che volevano dire Basta all’America della paura e dell’odio. Basta ad un Paese in guerra con le proprie paure dentro e fuori i propri confini. Milioni di giovani americani e americane hanno votato con il cuore libero da ogni ideologia, al di là dei pregiudizi razziali e delle barriere culturali e sociali. Nè è nato un movimento politico che ha iniziato a parlare una lingua nuova, rivoluzionaria, fino a quel momento sconosciuta all’establishment americano, una lingua dove parole come “speranza”, “volontà” e “cambiamento” assumevano all’improvviso un significato tutto nuovo. Grazie alla speranza iniettata dal nuovo Presidente nelle vene dell’intero Paese, dove il “Yes we can” da slogan è diventato uno stile di vita, gli Stati Uniti sono riusciti ad affrontare la crisi economica più grave dal 1973 – anche se gli effetti si sono purtroppo fatti sentire – e a fare i primi passi verso importanti riforme come quella della sanità, tallone d’Achille del welfare americano. E poi ancora una politica estera all’insegna del dialogo e del confronto, a partire dalla posizione Usa di fronte alla primavera araba fino ai passi avanti fatti nel processo di pace nella striscia di Gaza. Non è stato facile, ma la politica di Obama ha cercato di dare risposte concrete e coerenti alle promesse fatte in campagna elettorale. Napoli. Senza volermi avventurare in complicati paragoni, devo riconoscere che nella mia Napoli stiamo assistendo alla stessa voglia di cambiamento, allo stesso bisogno di speranza dell’America pre Obama. I napoletani, soprattutto giovani ma non solo, che si sono mobilitati in questi mesi di avvincente campagna elettorale – e che ringrazio ancora una volta di cuore – si sono impegnati senza risparmiarsi per cambiare una volta per tutte questa città, per trascinarla fuori dal pantano amministrativo in cui è stata lasciata sprofondare negli ultimi anni. “Speranza” è quello che vedo negli occhi delle migliaia di ragazzi e ragazze che mi hanno votato e che hanno festeggiato in piazza la mia elezione a sindaco. “Cambiamento” è quello che sento battere nei loro cuori innamorati di una terra che per troppo tempo li ha traditi. “Fiducia”, è quello che le loro strette di mano mi comunicano, un sentimento che farò di tutto per meritare fino in fondo e per non deludere. Ecco che Napoli, come gli Stati Uniti nel 2008, merita e pretende un nuovo corso, un’amministrazione che sappia valorizzarne al massimo gli invidiabili pregi e sprigionare l’enorme potenziale di una terra unica al mondo bistrattata e ferita per troppo tempo e da troppe persone. “Yes” anche a Napoli “we can”, anche la nostra bella città può chiudere per sempre la parentesi di miseria che l’ha tenuta prigioniera per troppo tempo. D’altronde abbiamo già dimostrato che questo è possibile, vincendo una battaglia contro tutto e contro tutti, arrivando ad entrare a Palazzo San Giacomo dopo una battaglia elettorale a dir poco impari. Noi, Davide, contro il Golia dei partiti e delle cricche. In alto solo i diritti e i cuori. Se Berlusconi andava a giocare al cow boy nel ranch di J.W. Bush, per me, neo sindaco di Napoli, sarà un piacere ed un onore aprire le porte della città a Barak Obama, l’uomo che, dai tempi di John F. Kennedy, ha saputo osare di più negli Stati Uniti. Anch’io preferisco parlare col cuore invece che con la pancia, anch’io credo che cambiare in meglio sia possibile anzi sia doveroso, anch’io sono convinto che i nostri ragazzi meritino un futuro migliore. Barack Obama, Napoli ti aspetta!